Pagina:Della consolazione della filosofia.djvu/40

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tanto pudíca, figliuoli maschi così a tempo? Lascio andare, perchè non mi piace di raccontare cose comuni, e che ancora degli altri abbiano conseguite, quelle dignità, le quali, essendo a' più vecchi state negate, furono a te nella tua giovanezza concedute. Egli mi giova di venire a quel colmo della tua felicità, dove mai non giunse nessuno. Se frutto alcuno di cose mortali può per parte alcuna annoverarsi di felicità, qual numero o grandezza di mali potrà mai sopravvenire così grande, che la memoria scancelli di quel giorno fortunatissimo, nel quale due tuoi figliuoli amendue Consoli fur da te veduti esser cavati di casa da tanta moltitudine di senatori e con sì grande allegrezza di tutta la plebe? e quando, seggendo i medesimi sopra le lor seggiole nel senato, tu, dovendo ringraziare il re e lodarlo, arringasti in guisa, che meritasti che da ciascuno ti fosse così di sommo ingegno, come di perfetta eloquenza, la gloria dato? e quando nel teatro, stando tu in mezzo delli due Consoli, saziasti con dono trionfale la brama della moltitudine d'intorno sparta? Tu, penso io, ingannasti la fortuna colle parole: mentre che ella ti piaggia, mentre che ella, come suo cucco e favorito, ti vezzeggia e favorisce, le cavasti di mano un presente, che mai non aveva più conceduto a nessuno uomo privato. Vuoi tu dunque venire a' conti colla fortuna, e saldar seco la tua ragione? Questa volta è la prima, che ella t'ha con invidioso occhio risguardato. Se tu vorrai considerare quante cose tu hai liete avuto e quante triste, e la guisa in che l'hai avute, non potrai negare di non essere felice