Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 1.djvu/241

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NOTE.


Le Note segnate colla lettere (M.) appartengono al cav. Mustoxidi.

(1) Dal discorso preliminare di Adamanzio Coray alla sua versione francese del trattato d’Ippocrate intorno le Arie, Acque, e Luoghi, t. i, p. lxviii (Parigi 1800, in 8.°).

(2) Ulissea, lib. v, 295 a 231 — Gli antichi tennero che non vi fossero più di quattro venti, secondo le quattro parti del mondo con grossa e debil ragione, siccome poi s’è conosciuto (Plin. l. ii, cap. 47). Posidonio dichiara che quando Omero parla di Zefiro soavemente spirante (Ulis., iv) accenna il vero Zefiro o Ponente, e che quando gli dà l’epiteto d’impetuoso (v. 296) denota l’Argestes o Maestro. Al che nulla si può opporre, essendo Argestes anch’esso uno de’ Zefiri. Bensì nè Posidonio nè Strabone (Geogr. l. i, p. 39) mi persuadono, allorchè spiegando i versi 306, del IX, e 334 del XXI dell’Iliade 5, stimano che l’Argeste-Noto, ivi nominato, sia il Leuco-Noto, solo che possa raccogliere alquante nuvole le quali sono dissipate da Zefiro. Il Leuco-Noto è al dire di Teofrasto anzi un vento sereno, e dissipa egli stesso le nuvole. Pare dunque che i due filosofi sieno stati indotti in quella loro credenza dall’etimologia, perchè argeste, come leuco, significa bianco. Ma lo stesso epiteto corrispondendo anche a celere, credo con Esichio che in questo secondo significato se ne sia valso Omero. La velocità, la vee-