Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 2.djvu/375

Da Wikisource.

libro terzo 361

minata la città nuova; e dell’una e dell’altra si compose quella ch’or dicesi Didima, che pur non ha se non venti stadii di periferia. E quantunque sì piccola, pur gli abitanti non vi si trovano angustiati; giacchè pochi son quelli cbe sogliano rimanervi, ma i più vivono quasi sempre sul mare. Alcuni poi abitano anche sul continente, e più ancora in un’isoletta1 vicina a Gadi, cui per la fertilità del terreno e allettati dalla sua posizione convertirono quasi in una città rivale di Didima. E questa pure, chi ben consideri, è scarsamente abitata, non altrimenti cbe il porto fatto costruire da Balbo sulla spiaggia del continente.

La città poi è situata nella parte occidentale dell’isola; e le si congiunge il tempio di Saturno in quella estremità che accenna all’isoletta già mentovata. Il tempio d’Ercole è nell’estremità opposta verso l’oriente, dove l’isola è più vicina al continente, sicchè vi resta frammezzo uno stretto di uno stadio solo. E dicono che questo tempio è distante dodici miglia dalla città, ragguagliandosi così il numero delle miglia con quello delle fatiche d’Ercole2: ma nel vero quella distanza è mag-

    niero a cui i Romani accordassero l’onor del trionfo per aver vinti i Garamanti ed altri popoli dell’Africa. Casaub. - Il nome di Didima dato poi alla città significa gemella o composta di due.

  1. Quest’isoletta che ora cercasi invano fu probabilmente distrutta dal mare. E forse è ora quello scoglio che trovasi all’ingresso della baia di Cadice. (G.)
  2. Sono celebri nella Mitologia le dodici fatiche od imprese d’Ercole.