Pagina:Delle biblioteche e dei libri popolari.djvu/26

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E tanto meglio io credo ne avverrebbe, se una grande società si venisse formando e questa, collo stimolare l’iniziativa privata alla fondazione di biblioteche, le fornisse l’elemento sodo e nutritivo che non fosse di quelle certe compilazioni poco sostanziose, impropriamente battezzate col nome di popolari, ma d’una letteratura che, mescendo l’utile al dolce, diriga l’operaio alla vita pratica e civile, all’istruzione professionale ed alle conoscenze tecniche.

Io ho manifestato pubblicamente per due volte questa idea perchè si apprezzi e si discnta l’importanza del progetto; ma il mio nome sta per un solo, nè io sono di tanto per mettermi alla testa dell’impresa, lo che tocca ai più antorevoli ed ai più savi, specialmente in un paese in cui la gioventù, come fu ben osservato, se è ricca talvolta di aspirazioni è bensì povera d’influenze. Avrei caro però che si discutesse questo vitale argomento, del preparare i buoni libri, del modo di ordinarli e farli noti con un sistema di benintesa pubblicità, senza di che le buone cose pur non fanno cammino.

Oggi vi è anco il bisogno di far argine a quei tanti libri e giornaletti a pochissimo prezzo che, appunto per questo, corrono per le mani di moltissimi, libri e giornaletti che, trovandosi liberi padroni del campo, falsano i principii, sciupano il buon gusto e, quel che è peggio, il costume.

Ci pensino quelli a cui vanno queste mie parole; ci pensino quelli che nell’apostolato educativo sono capitani; pensiamoci infine tutti su cui cade la responsabilità del non avere operato,