Pagina:Delle biblioteche popolari e dell'istruzione nelle campagne.djvu/12

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glia all’individuo e l’individuo alla passione od al capriccio. Vogliamo insomma che l’uomo chiamato da natura a portare la fronte sublime viva da essere ragionevole e non da bruto, onde non abbia a maledire la Società in cui è nato, e conosca quanto importi alla sua stessa felicità e al proprio benessere lo adempimento di tutti i doveri sociali.

La scenza, al dire del Gioberti, è democratica, ed io dirò anco, non vi ha cosa più nazionale di essa, che da tanti anni in quà ha lavorato indeffessamente a rifar la Nazione; or dunque diffondiamola, giacchè è per lei soltanto, che si può andare elaborando il regno di quella santa eguaglianza che pone la nobiltà dell’onesto operaio accanto a quella dell’opulento patrizio.

Il sapere fu nei primi tempi patrimonio di pochi, nell'Evo di mezzo patrimonio del Clero, nell’Evo moderno ha da esser patrimonio di tutti: i cittadini desiderosi del publico bene, debbono propagarlo e formare un ordine publico che stia a guardia della civiltà e del progresso, come il magistrato sta a custodia della legge, come il soldato sta a guardia dell’indipendenza del proprio paese.

Gl’Italiani ebbero una grand’opera da compiere nello affrancarsi dallo straniero servaggio e nello abbattere la prepotenza liberticida dei loro tirannelli, nè loro minore opera rimane, per completare quella emancipazione e per ordinarsi internamente. Ma ricordino, questa sentenza del Macchiavelli colla quale piacemi dai fine a queste mie parole «che le grandi imprese degli Stati non si possono eseguire senza l’aiuto dei popoli e delle moltitudini; questi popoli, perchè operino cose grandi vogliono esser non solo armati, ma ampiamente provveduti di libere istituzioni e di abbondante suppellettile intellettuale.»

FINE