Pagina:Delle cinque piaghe della Santa Chiesa (Rosmini).djvu/30

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sta pertanto è la quarta ed ultima epoca nella storia de’ libri usati nelle scuole cristiane: l’epoca de’ teologi succeduti agli scolastici. E per questi gradi, della Scrittura, de’ Padri, degli scolastici e dei teologi, siamo pervenuti finalmente ad avere questi testi così maravigliosi, che nei nostri seminarî noi adoperiamo; i quali pur c’infondono tanta presunzione di sapere, tanto disprezzo pe’ nostri maggiori: questi libri che ne’ secoli avvenire, nei quali stanno le speranze della Chiesa che non può perire giammai, saranno, a mio credere, giudicati tutto ciò che di più meschino e di più svenevole fu scritto ne’ diciotto secoli che conta la Chiesa: libri, per riassumere tutto in una parola, senza spirito, senza principî senza eloquenza e senza metodo1; sebbene in un’acconciata e regolare distribuzione di materia, in che fanno essi consistere il metodo, mostrino gli autori loro di avere esaurita tutta la capacità de’ loro intelletti e libri finalmente che non essendo fatti nè pel sentimento, nè per l’ingegno, nè per l’immaginazione, non sono a vero dire nè vescovili, nè sacerdotali, e a tutta ragione li diremo laicali: e che non esigono altri maestri nè altri espositori se non tali, che abbiano occhi onde leggere, nè altri discepoli se non tali, che abbiano gli orecchi onde udire.

39. Ma se piccoli libri e piccoli maestri vanno del pari; di questi due elementi potrà egli formarsene una grande scuola, potrà aversene un metodo dignitoso d’insegnamento? No; e la difettosità di metodo è la quarta ed ultima cagione di questa piaga della Chiesa di cui parliamo, cioè dell’insufficiente educazione del Clero ne’ tempi nostri.

Dicemmo, i costumi del Clero esser periti nella Chiesa in quel tempo che si divise nelle scuole la formazione del cuore da quella della mente2. Più tardi si pensò a rimediare alla trabocchevole scostumatezza, naturale effetto di quella divisione; ed ora ne’ ben regolati nostri Seminarî si è introdotta la bontà, o almeno la regolarità de’ costumi; ma non si prese però di vista la radice del male, non si pensò a riparare a quella separazione funesta della teoria dalla pratica, non si tolse a formar de’ maestri altrettanti padri; e «ad esser padre, dicea il Grisostomo, non basta aver governato, ma conviene aver altresì educato bellamente il giovanetto3.» Tutto ciò che si fece, si fu l’aver posto degli aiuti e de’ sostegni per così dire di fianco, a sostenere i cadenti costumi; ma ciò sicuramente non basta alla Chiesa: è necessario che i buoni costumi degli ecclesiastici trovino la loro radice e succhino il loro alimento dalla stessa solidità e pienezza della dottrina di

  1. Prendiamo esempî da’ più dotti, come a dire da un Tournely, o da un Gazzaniga. Essi scrivono un grosso volume ed eruditissimo, per verità, sulla grazia. Solamente nella fine poi non già trattano, ma toccano alla sfuggita la questione. «In che consista l’essenza della grazia,» e la lasciano insoluta, come questione di curiosità anzi che di qualche importanza. Or non è egli la cosa più importante, e la prima di tutte, quella di conoscere l’essenza, cioè la natura della cosa di cui si ragiona? Non è anzi la natura della cosa ben conosciuta che ne può dare la vera definizione? E la definizione non è il principio fecondo da cui devono scaturire i ragionamenti sulla cosa stessa?
  2. «Oserò io, dice il Fleury parlando de’ giovani studiosi nel secolo xii e xiii, di farvi considerare i costumi de’ nostri studenti quali li ho descritti nella storia, sopra la testimonianza degli Autori contemporanei? Voi vedeste, ch’erano ogni giorno alle mani, e tra loro, e co’ Borghesi; che i loro primi privilegî consistevano in interdire a’ giudici secolari il giudicare i loro delitti; che fosse il Papa obbligato di concedere all’Abate di San Vittore la facoltà di assolverli dalla scomunica proferita da’ Canoni contra coloro che percuotono i Chierici: che i loro contrasti cominciavano per ordinario all’osteria pel vino e pel tripudio; e passavano fino alle uccisioni, e alle estreme violenze. Insomma voi vedete l’orrendo ritratto che ne fa Jacopo di Vitri testimonio di veduta. Tuttavia erano cherici tutti questi studenti, e destinati a servire o governare le Chiese.» Discorso v sulla Storia Eccl. §. x.
  3. Ου’ τo ςπείραι ποιεί πατερα μονον, αλλα και το παιδεύςαι καλως. Hom. xii.