Pagina:Delle istorie di Erodoto (Tomo III).djvu/22

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possibili ne farò una sola. Conciossiachè io abbia intima persuasione, che non ci sarà più città o popolo al mondo capace di contrastarci coll’ armi, dopo che saranno state abbattute quelle genti che vi menzionavo pur dianzi. E così accadrà, che il servil giogo peserà in conclusione non meno sugl’innocenti che sui colpevoli. Voi poi mi obbligherete assaissimo, se vi disporrete a obbedirmi in quello che son per dire. Quando, cioè, io vi avrò indicato il momento, nel quale sia necessario che conveniate insieme, fatelo senza dimora: e chiunque condurrà seco un nerbo d’armati perfettamente ordinato ed istrutto, riceverà da me in dono quanto di più prezioso cade nell’estimazione dei Persiani. Affinchè poi non crediate che io mi governi unicamente col mio privato consiglio, vi sottometto tale qual’è la quistione; esortando, chiunque ne abbia talento, a manifestare sulla proposta materia la sua opinione. Ciò detto, si tacque.

9. E finite le parole del re, si levò Mardonio, e incominciò: O mio Signore, io credo che tu superi in eccellenza tutti i Persiani presenti e futuri, dappoiché ci hai tenuto un così giusto e sublime ragionamento, e ci hai fatti certi che non sarai mai per soffrire che li Ioni di Europa (indegnissima razza di gente) possano prendersi gioco dei fatti nostri. E sarebbe, per verità, cosa incredibile e enorme, che noi abbiamo sottomessi, e teniamo in condizione di servi, i Saci, gl’Indi, gli Etiopi, gli Assirî, ed altre molte e cospicue nazioni; non per nessun male che ci abbiano fatto, ma per pura sete d’ingrandimento; e poi lasciamo correre impunite le provocazioni e i maleficî dei Greci. Che cosa temiamo, finalmente, da loro? Forse la prevalenza straordinaria del numero? O