Pagina:Delle istorie di Erodoto (Tomo III).djvu/349

Da Wikisource.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

-337 —

dotto a questo passo, se un grande amore nou mi ardesse nel petto per tutta la Grecia. Imperocché io pure sono d’antico ceppo ellenico, e non posso comportare di vedere la Grecia (già libera) ridotta in servitii. Vi dico, dunque, che a Mardouio uon riesce di ottenere auguri propizi; altrimenti la zuQa sarebbe cominciata ila un pezzo: ma egli è ormai risoluto di fare a meno di vittime e d’indovini, e vuole attaccar la battaglia col nuovo giorno, temendo massimamente (se non m’inganno) il continuo ingrossarsi di vostra parte: onde state provvisti. Ma se Mardonio indugia ancora, neppure voi altri dovete movervi: imperocché è indubitato che fra pochi giorni gli difetteranno le vettovaglie. Se poi l’esito di questa guerra risponderà alle vostre speranze, converrà bene che vi ricordiate di me e della mia liberazione: di me, che per amore della causa ellenica mi sono esposto a un pericolo di questa sorte, desideroso com’ero di palesarvi le intenzioni di Mardonio, acciocché non avvenisse che i Barbari vi cadessero improvvisi addosso. Sono Alessandro di Macedonia. E, ciò detto, egli dette di volta al cavallo, e tornò ai suoi alloggiamenti.

46. I capitani ateniesi, allora, dirigendosi verso l’ala dritta dell’esercito, andarono subito a riferire a Pausania quanto avevano udito da Alessandro. E Pausania scosso da quell’annunzio, e forte temendo i Persiani, così rispose: Posciachè, dunque, coU’alba di domani si romperà la battaglia, è assolutamente necessario che voi, o Ateniesi, fronteggiate quinc’innanzi i Persiani, e che noi invece fronteggiamo i Beoti e gli altri Elleni, i quali stettero fino ad ora schierati contro di voi. La ragione poi del mio consiglio è questa: che voi conoscete benissimo i

Rmoi, ItlorU Sroiloio, HI. ìS.