Pagina:Delle istorie di Erodoto (Tomo III).djvu/388

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taunta, e dovette darle il mantello. Del qual dono ecea eccessivamente contenta, andava attorno pavoneggitndosene; onde la cosa venne in lireve a cogniziooe di Amestri.

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110. La regina però, scoperto che ebbe il fatto, non provò alcun risentimento verso questa donna. Ma ascrivendo ogni colpa alla madre di lei. moglie di Masist’. macchinò di perderla: onde ella appostò il giorno, in cui ogni anno, por il natalizio del re, si celebra quel solenne banchetto, cui i Persiani chiamano teda ( parola cbe in lingua greca suonerebbe completo); nel qual banchetto il re si presenta col capo asterso, e prodiga doni ai Persiani. Appostato quindi che ebbe (come ho detto) Amestri un tal giorno, chiese al re che mettesse in poter (ii lei la moglie di Masiste. Ma a Serse pareva questo no» crudeltà e un’ingiustizia, sì perchè si trattava della m, glie di un suo fratello, e sì perchè conoscevane l’innocenza: né d’altra parte ignorava l’intenzione di Amestfì.

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111. Ma Amestri insistendo nella sua richiesta, e stretto Serse dall’obbligo comune a tutti i re di Persia, di non poter nulla rifiutare di quanto è lor domandato in quel solenne banchetto, finalmente e a suo malgrado, cciiette Ma mentre cedeva, e ordinava che la regina potesso fare a suo libito, chiamava a. sé il fratello, e gli parlava m tal modo: Mesiste, tu sei figlio di Dario, tu sei frate! mio, e di più sei un valentuomo. Ebbene, codesta donna che avesti finora congiunta teco, ripudiala: io ti dono la mia propria figlia in sua vece. Prendila: e l’antica donoa; giacché questo è il mio piacere; ripudia, te lo ripeto Cui Masiste, il quale era rimasto come balordo, rispose,