Pagina:Delle istorie di Erodoto (Tomo III).djvu/96

Da Wikisource.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

4 che voi guardaste in me e nelle cose mie, per apprendere in qual modo il re sappia onorare li valentuomini. Assoggettatevi, dunque, voi pure al re, il quale vi ha in conto di uomini prestantissimi; e ambidue vedrete toccarvi in sorte il governo di qualche parte della Grecia per grazioso favore di Serse. Al quale discorso gl’inviati Spartani risposero in questa forma: Il tuo consiglio, o Idarne, non ha saldo né equanime fondamento. Perchè tu ci consigli, trovandoti in tal condizione che hai fatto bensì ottimo sperimento di una cosa, ma sei affatto ignaro di un’altra. Sai in vero benissimo che cosa vuol dire esser servo: ma non avesti mai sentore alcuno di libertà; e ignori quindi se essa sia dolce cosa o non sia. Che se l’avessi per tuo conto sperimentata, siamo certissimi che ci consiglieresti a difenderla, non pur colle aste ma colle scuri. Questa fu la risposta che coloro dettero a Idarne.

136. Pervenuti poi che furono a Susa, e entrati al cospetto del re, per prima cosa ricusarono di prosternarsi dinanzi a Serse, nonostante gl’inviti e la violenza usata dai cortigiani; affermando che non avrebbero mai fatto una cosa tale, neppure se per forza si fosse sbattuto loro il capo per terra, si perchè non entrava nelle proprie usanze l’adorazione di un uomo, e perchè non erano venuti a tal fine. Schermitisi quindi gl’inviati spartani dalle dette pressure, essi si rivolsero a Serse con queste o somiglianti parole: re dei Medi, i Lacedemoni ci mandarono qui perchè noi pagassimo il fio della uccisione commessa a Spartane! vostri araldi, Ma dicono che Serse, principe dotato di alti e generosi sensi, rispose: Che egli non avrebbe già seguito contro di loro l’esempio dei Lacedemoni, e non volea manometterli. Né era neppur da