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loro che si volessero dedicare all’assunto, procurò che il primo progettista rinunciasse a domandar solo il privilegio suddetto, promettendogli in compenso azioni beneficiarie, le quali, non essendo state poi permesse, furono commutate in un premio in danaro.

Il governo, ricevuta la domanda d’un privilegio collettivo, non l’accolse, ravvisandola intempestiva; però promise di secondarla quando si fosse costituita una rappresentanza morale dell’ideata società, la quale rappresentanza prendesse direttamente parte nel progetto, assumendone all’uopo il carico.

La commissione della Camera in fatti non avea ricevuto altro mandato che di studiare quel concetto, siccome essa fece appunto, esponendo in accurata relazione le proprie indagini ed opinioni; e proponendo alla Camera istessa che fosse eletta una nuova commissione coll’incarico di promuovere l’esecuzione dell’impresa in concorso dei Milanesi.

Cotesta proposta venne accolta, e la Camera di commercio di Venezia invitò quella di Milano ad operar con essa d’accordo acciò fosse conseguìto il divisato fine.

Dopo molte discussioni rispettivamente seguite, i due corpi collegiali vennero in questa sentenza: che l’intervento loro nella pratica, d’altronde degna di somma cura, altro però non potea essere che di protezione.

Frattanto la prima commissione sollecitò ed ottenne dalla Camera l’elezione d’una commissione di dieci notabili, la quale assumer dovesse l’incarico d’aprire una sottoscrizione di lire 60 mila austriache, onde far fronte alle prime spese del progetto, con dichiarazione d’ammettere per la metà di quella somma i sovventori milanesi.

La nuova commissione veneta dei dieci, temendo pregiudicarsi col menomo ritardo nell’insinuare le occorrenti domande del privilegio, non solo assunse l’impegno delle lire 30 mila preallegate, ma tosto spedì a Vienna due deputati per le opportune sollecitazioni nell’aprile del 1836.

Contemporaneamente la Camera di commercio di Milano partecipava a quella di Venezia, che ventiquattro principali nego-