Pagina:Delle strade ferrate italiane e del miglior ordinamento di esse.djvu/291

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Siffatti interessi, richiedono più che mai d’essere seriamente avvertiti, noi non cesseremo dal predicarlo.

Posti gli Stati del re di Sardegna frammezzo alla Francia ed alla Germania, dove le linee di strade ferrate si moltiplicano in ogni maniera, essi sarebbero minacciati d’una fatale segregazione, se si rimanesse inoperosi in tanto conato. Perocché tutti gli altri scali del Mediterraneo, sì italiani che francesi, e persino quelli spagnuoli, assorbirebbero ogni relazione commerciale coll’Oriente; essendo chiaro, a nessuno più convenire allora di praticare lo scalo ligure, da dove o nessuna linea di via ferrata porterebbe oltre, o se ve ne fosse, questa al solo commercio interno dello Stato subalpino, al più della Penisola condurrebbe, non oltre l’Alpi, verso Francia, Svizzera, Lamagna ed altre più lontane regioni.

Cotesto riflesso non abbisogna, crediamo, d’ulteriori dimostradoni, troppo essendo evidente da per sé stesso.

Agli animi gretti, dubbiosi, esitanti, i quali vanno spargendo l’idea che, partecipando al moto dell’universale nella fattispecie, si possono correre pericoli nel rispetto morale e politico, con fusione d’idee e di costumi a noi meno appropriati, risponderemo senz’esitazione alcuna: esservi quaggiù tendenze insuperabili, cui è inutile pensare di sottrarsi; raggiugnere sempre quelle tendenze ugualmente ogni parte dell’orbe incivilito; miglior partito essere per certo quello d’accoglierle con opportunità, non ommesse intanto le possibili cautele che debbono da un illuminato governo usarsi onde prevenire ognuno de’ temuti

pericoli. Peggiore fra tutti gli spedienti essere quello poi d’un inoperoso temporeggiamento; perocché, dovendosi in fin di conto subire ugualmente la legge comune, quando l'applicazione d'essa più non è opportuna, ne conseguita incontrarsi allora egualmente il carico pubblico della spesa di tali vie, onde sottrarsi ad un assoluta segregazione ed all’universale danno deri-

    al divisato scopo si è chiamato dai Belgio il signor ingegnere in capo Mans, riputatissimo per le belle opere colà eseguite. D’altra parte anche l’ingegnere Brunel era aspettato, poi giunse da Londra pello stesso fine.