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tante emporio di Alessandria, e prendendo a mano stanca per meno d’un po’ di strada ferrata, vi condurrete in un batter d’occhio a Torino. Lungo il Tanaro, ridotto a canal navigabile, s’istituirebbero di per sé comodi scali por lo smercio, da una parte, dei saporiti vini delle Langhe, inospitali tarre al giorno d’oggi, dove poco manca che gli abitatori non disperino, e dall’altra per ricevere i ricchi prodotti dell’industre ed ubertosa patria vostra.

Chè dal Mondovì fa d’uopo aprire una via ferrata, lungo l’Ellero, sino a Carrù, e da Cuneo, lungo la Stura, sino a Cherasco. Questa è l’arteria che sola può sciogliere il problema di moltiplicare le comunicazioni col Mediterraneo, di dare o per lo meno di conservare moto e vita ai paesi dell’alto Piemonte e di far sì che la capitale di questi Regi Stati, il cui nome fu sa qui poco meno che ignoto ai trafficanti, possa d’or innanzi aggiungere agli altri infiniti suoi pregi quello, che nel nostro secolo di moneta tutti li supera, dell’importanza commerciale. Se ci fosse riuscito d’andar di conserva al colle di S. Bernardo, voi vi sareste convinto della verità di quanto vi scrivo, e se vi foste poscia condotto all’antico convento dei cappuccini di Bra, non avreste mancato di convenir meco che, senza aver visitato quei due punti, senza aver gettato uno sguardo d’aquila sul magnifico aspetto che dall’uno e dall’altro agli occhi si svela, niuno può farsi giudice delle comodità e dei bisogni del commercio nelle nostre contrade. E la vostra intima persuasione voi l’avreste trafusa nell’animo dei vostri leggitori, laddove io temo che il languido impallidito mio stile non trovi lettori, o seppure ne trova, non li lasci in un’indifferenza supina.

Ma ad ogni modo prevedo che questa mia tiritera incontrerà alcune obbiezioni, e che queste, com’è facile il supporre, batteranno sopra tre punti principali. Dirassi cioè 1.° che non havvi in Albenga porto alcuno per dar ricovero alle navi; 2.° che le mercatanzie deggiono essere travasate tre volte prima di giungere a Torino; 3.° finalmente, che dovendosi già erogare ingente pecunia nella costruzione della strada ferrata di Genova, sarebbe prodigalità imprudente gettarsi nel tempo medesimo ad altra impresa da non condursi senza gravissimo costo. Lievi non sono queste difficoltà, ma facendosi ad esaminarle senza prevenzione, non mi paiono impossibili a superarsi.

Non havvi porto in Albenga, lo so; ed avvegnaché dalla storia e dagli antichi statuti apparisca che molti erano i navigli degli Albingauni, i quali si cimentavano a lunghi viaggi, e quantunque per conseguenza congetturare si debba che vi fosse qualche sito idoneo a dar loro ricetto, pure non voglio nemmeno soffermarmi un istante a discorrere della stazione che i natii chiamano il porto Vadino. O che quel porto sia stato realmente, ovvero ch’e’ sia una semplice falsa tradizione, il fatto sta che a’giorni nostri più non c’è. Ma c’è l’isola Gallinaria per breve spazio discosta dalla terra, alla quale, si può congiungere con un molo, che ivi costituisca sicuro asilo ai legni mer-