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navigazione online e riflessi penali


Soprassedendo, in questa sede, dall’analisi della fattispecie, è comunque agevole notare l’assenza di riferimenti alla Rete; ciononostante, la norma può trovare applicazione anche in casi in cui la condotta incriminata sia stata posta in essere tramite “mezzi informatici”.

In tal senso, e a mero titolo esemplificativo, può essere utile fare riferimento ad una recente pronuncia della Sezione V penale della Corte di Cassazione1, inerente al caso di un falso profilo aperto su Badoo. La Suprema Corte, delineando le premesse in fatto della decisione, afferma che, nel caso di specie

il ricorrente ha creato un profilo sul social network Badoo denominato “[…]”, riproducente l’effige della persona offesa, con una descrizione tutt’altro che lusinghiera (ad esempio nelle informazioni personali era riportata la dicitura “Mangio solo cibo spazzatura e bevo birra… quando mi ubriaco vado su di giri”) e con tale falsa identità usufruiva dei servizi del sito, consistenti essenzialmente nella possibilità di comunicazione in rete con gli altri iscritti (indotti in errore sulla sua identità) e di condivisione di contenuti (tra cui la stessa foto [della persona offesa]).

Nella presente sentenza viene richiamata una precedente pronuncia della medesima Sezione2, che considerava configurata l’ipotesi criminosa di cui all’art. 494 cp nella condotta di

colui che crei ed utilizzi un “account” di posta elettronica, attribuendosi falsamente le generalità di un diverso soggetto, inducendo in errore gli utenti della rete internet nei confronti dei quali le false generalità siano



  1. Cass., sez. V pen., sent. n. 25774/2014.
  2. Cass., sez. V pen., sent. n. 46674/2007.

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