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riccardo colangelo


Nel caso di specie, il Garante, accolte le richieste del ricorrente, non solo ha ordinato a Facebook di

comunicare in forma intelligibile al ricorrente tutti i dati che lo riguardano detenuti in relazione ai profili Facebook aperti a suo nome, nonché di fornire all’interessato informazioni circa l’origine dei dati”, ma ha anche imposto di “non effettuare, con effetto immediato […], alcun ulteriore trattamento dei dati riferiti all’interessato, inseriti nel social network dal falso account, con conservazione di quelli finora trattati ai fini della eventuale acquisizione da parte dell’autorità giudiziaria.

2.2 Diffamazione

La diffamazione costituisce anch’essa un tipico esempio di delitto che può essere commesso mediante “mezzi informatici”1.

Il fatto tipico di tale delitto consiste nell’offesa dell’altrui reputazione, posta in essere comunicando con più persone. In tal senso, la diffamazione si differenzia dall’ingiuria – già prevista dall’art. 594 c.p., abrogato dal recente d.lgs. 7/20162  – la quale presupponeva l’offesa all’onore o al decoro di persona presente, anche “mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa3”.



  1. Cfr. nota n. 8.
  2. Attualmente, in materia di “illeciti civili sottoposti a sanzioni pecuniarie”, l’art. 4, comma 1, d.lgs. 7/2016 così dispone: “Soggiace alla sanzione pecuniaria civile da euro cento ad euro ottomila: a) chi offende l’onore o il decoro di una persona presente, ovvero mediante comunicazione telegrafica, telefonica, informatica o telematica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa”.
  3. Così l’art. 594, comma 2, c.p. (abr.).

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