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riccardo colangelo

possa essere definita in concreto “deprecabile esempio di cyberbullismo”.

Nel caso di specie, immagini della persona offesa, anche scattate all’interno del contesto scolastico e “mostranti il volto di questa inserita in un corpo di scimmia o piegata in avanti mentre l’indagata l’afferrava da dietro simulando un rapporto sessuale” erano state inserite in un blog visibile a chiunque, e corredate da commenti e conversazioni particolarmente offensive.

Merita inoltre un cenno la responsabilità civile (indiretta) dei genitori e dei docenti ex art. 2048 c.c.1.

Nello specifico, la responsabilità civile dei genitori per i contenuti diffamatori postati dai figli – sempre che siano capaci di intendere e di volere – è confermata anche dalla giurisprudenza di merito.

Ciò emerge in un tipico caso di hate speech, in cui i compagni di classe avevano aperto una pagina “contro” una loro pari sul social network Facebook.

Il Tribunale civile di Teramo, con la sentenza n. 18/2012 2ha espressamente confermato come i compiti educativi e formativi dei genitori non possano essere assolti tramite il formale adempimento dell’onere educativo che il legislatore ha loro imposto, essendo necessario, per gli stessi educatori, verificare



  1. Si ricordi che l’art. 2048 c.c. è rubricato “Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte” e che, al comma 2, prevede espressamente che “i precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito provocato dai loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza”, salvo che – come previsto dal comma 3 - provino di non aver potuto impedire il fatto.
  2. Cfr. GIANNA ROSSI (2015), Internet e minori, Vicalvi, Key editore, pp. 22- 23.

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