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Per lo che fu bisogno, alzate le fronti, acclamare la Indipendenza; e sulle squille della battaglia intuonare una volta la cacciata del barbaro.

Tutta Italia sentì quell’inno sin dentro alle viscere; quasi come a miracolo, si rizzò sovra i piedi: trasse le spade: giurò che le spade non tornerebbero nelle guaine fino a che dall’intiero paese, che si appoggia sull’Alpe e si specchia nel mare, non fossero i teutoni sgomberati.

Voi, primi d’ogni altro, o generosi Subalpini, correste oltre al Ticino: e il lampo de’ vostri manipoli bastò esso solo a volgere in fuga le belve nemiche, a ridurle tra il Mincio e l’Adige ne’ preparati covili. Voi seguitava, calata dagli Apennini, qualche falange di Toscani, che sì pietosa fama di sè doveano lasciare sui campi gloriosi di Montanara e di Curtatone. Intanto, varcato il Po, alcune legioni di Pontificii per ben due mesi tennero in rispetto il nimico nel Trivigiano e nel Vicentino. E quel Re, che oggi non potrei nominare senza ribrezzo, conobbe egli stesso per un istante il debito di soccorrere la causa italica con alquanti mille de’ suoi soldati — cui richiamava sì presto ahi! perché bevessero il sangue de’ propri loro fratelli.

Nel quale spontaneo e subitano commovimento di tutte parti della penisola parmi vedere la prova irrefragabile che tuttesse, eziandio le meno infelici, confessavano questo vero: Non potere in alcun luogo d’Italia durare a pezza la libertà quando lo straniero, mandato a confine, non abbia dovuto lasciarci possedere in proprio la independenza.

E chi, se Dio mi aiuti, non ci starebbe a pagatore di questo vero, ov’egli ponga mente alle condizioni, all’indole, all’abito dell’Impero Austriaco?

Codesto Impero, piuttosto che somigliare a reggimento di una Nazione, rappresenta la congerie di molti popoli, l’uno dall’altro diseguali e discordi, L’Austria, la Stiria, lo Illirico, il Tirolo, la Boemia, la Moravia e la Silesia, la Gallizia, l’Ungheria, la Transilvania, la Dalmazia, il Lombardo-Veneto sono altrettanti paesi, nella più de’ quali