Pagina:Discorsi sopra la Prima Deca di Tito Livio (1824).djvu/141

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libro primo 121

tre che visse non permesse mai che si facesse il secondo, cioè che si tentasse di volerlo spegnere; giudicando tale tentazione essere al tutto la rovina dello Stato loro, come si vide in fatto, che fu dopo la sua morte; perchè non osservando quelli cittadini che rimasero questo suo consiglio, si fecero forti contro a Cosimo, e lo cacciarono da Firenze. Donde ne nacque che la sua parte per questa ingiuria risentitasi, poco dipoi lo chiamò, e lo fece Principe della Repubblica; al qual grado, senza quella manifesta opposizione, non sarebbe mai potuto ascendere. Questo medesimo intervenne a Roma con Cesare; chè favorita da Pompeo e dagli altri quella sua virtù, si convertì poco dipoi quel favore in paura, di che fa testimonio Cicerone, dicendo che Pompeo avea tardi cominciato a temer Cesare. La qual paura fece che pensarono ai rimedj, e gli rimedj che fecero accelerarono la ruina della loro Repubblica. Dico adunque, che poi che gli è difficile conoscere questi mali quando e’ surgono, causata questa difficultà da uno inganno che ti fanno le cose in principio, è più savio partito il temporeggiarle poi che le si conoscono, che l’oppugnarle. Perchè temporeggiandole, o per loro medesime si spengono, o almeno il male si differisce in più lungo tempo. E in tutte le cose debbono aprir gli occhi i Principi che disegnano cancellarle, o alle forze ed impeto loro opporsi, di non dare loro in cambio di detrimento, augumento, e credendo sospingere una cosa tirarsela dietro,