Pagina:Discorso sulla crisi granaria - Francesco Perrone - 25 Febbraio 1915.pdf/11

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biamo discutere; e poichè noi veniamo a imbatterci nelle diverse regioni italiane diversamente produttive, veniamo a imbatterci nella constatazione che il dazio sul grano ha potuto giovare sì all’Italia settentrionale, ma ha giovato puranco all’Italia meridionale nei momenti in cui il grano si vendeva sul mercato internazionale appena a 15 o 16 lire, e in cui il costo di produzione era superiore a quello del mercato — così occorre studiare i termini.

Quando l’Italia settentrionale ha potuto usare il concime, i fosfati, essa ha aumentato da nove a quindici la produzione per ettaro unitario; quando ha potuto usarne il Veneto è passato anch’esso quasi al dodici e mezzo; l’Italia centrale che ne ha usato di meno è salita da 6 e 85 al 9, l’Italia meridionale è arrivata appena da 7 a 9 e la Sicilia non è passata che da 6.47 a 6.85, vale a dire ha progredito meno. E ciò sovratutto perché i concimi chimici che si consumano in Italia, toccanti i 10 milioni, si usano per 8 milioni nella Valle Padana e per solo 2 milioni nel resto d’Italia giungendo poi nel mercato meridionale gravati sul prezzo di costo di lire otto in media, da un nolo ferroviario enorme quasi proibitivo, raggiungendo, ad esempio in Basilicata, financo per quintale tre lire oltre 1.50 di più per la vettura.

Vedete dunque che il concime chimico non si può usare nel mezzogiorno, onde quando il Governo d’Italia promette nei momenti difficili alle Società concessionarie