Pagina:Domenico Spadoni - Alcune costumanze e curiosità storiche marchigiane (Provincia di Macerata), 1885.djvu/21

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trovarsi insieme al paterno desco1 e son rammemorati i lontani e i defunti, e il cibo si accompagna alla più schietta allegria, mentre massiccio sul focolare arde il simbolico cippo.

Noi fanciulli, nella vigilia, dopo il piccolo digiunè del mezzogiorno, ci affaccendavamo in cucina e affrettavamo col desiderio l’ora del cenone, dove i lumi, quella sera raddoppiati e alimentati coll’olio dolce, ardevano più chiari. E venivano finalmente a tavola ) fumanti i tradizionali maccheroni con le noci, l’anguilla cotta in vario modo, e tra gli altri cibi non ultime le castagne. Tale su per giù è il cenone (lu magno’) caratteristico della città.

In campagna, tra i rozzi e semplici contadini, sono le pignòle (pentoline) di legumi di varie specie e qualità, la laschetta che, comunque costi, non manca mai per devozione, la sardella, la salacca, il merluzzo, il toccafisso, i broccoli, il sellero, il portogallo e via dicendo, senza preoccuparsi troppo della resistenza dello stomaco.

La notte si protrae fra le conversazioni, i giuochi




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  1. Il presente articolo sul Natale fu da me pubblicato per la prima volta in un numero unico della Provincia maceratese nel dicembre del 1896. E mi punge ancora nell’anima la rimembranza della lettura che ne feci al mio cadente genitore, al quale era sempre cagione d’intimo compiacimento ogni parto anche il più modesto del mio ingegno. Chi mi avrebbe detto che 18 giorni dopo, il mio povero padre non sarebbe stato più e di lui non avrei potuto udire nemmeno un ultimo accento d’addio?