Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/261

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capitolo xxvi 251

disse don Chisciotte; ma insino ad ora io non so di avere nulla del vostro, o maestro Pietro. — Come no? e chi altri fu eccettochè la forza invincibile del vostro possente braccio che infranse, annichilò e sparse su questo nudo e sterile terreno queste reliquie? e di chi erano que’ corpi se non miei? e con che mi procacciava io il vivere, se non con essi? — Conviene pure ch’io mi persuada, disse don Chisciotte a questo passo, di quello che molte altre volte ho pensato, ed è che gl’incantatori che mi perseguitano, altro non fanno che mettermi dinanzi agli occhi le figure come sono realmente, e poi me le cambiano in un attimo trasformandole in altre di loro capriccio. Signori che mi udite, con tutta verità e realtà vi protesto che quanto è qua successo mi parve che fosse realmente così; che Melisendra fosse Melisendra, don Gaifero Gaifero, Marsilio Marsilio e Carlomagno Carlomagno; e per questo si suscitò in me la collera che vedeste; e per eseguire il dovere di cavalier errante volli soccorrere i fuggitivi. Con questo solo lodevole divisamento mi sono condotto a fare quello di che foste testimonii: che se la cosa è riuscita al rovescio non è mia la colpa, ma sì bene dei maligni dai quali sono perseguitato. Dopo tutto ciò di un errore mio, quantunque non prodotto da malizia, voglio portarne io stesso la pena; e dica maestro Pietro ciò che egli vuole delle figure fracassate mentre tomi offro a pagargliele tosto in buona e corrente moneta castigliana„. S’inchinò allora maestro Pietro, dicendogli: — Meno non mi attendeva dalla inaudita bontà del valoroso don Chisciotte della Mancia, vero soccorritore e protettore di tutti i miserabili e bisognosi vagabondi, ed il signor oste con il gran Sancio qua presenti saranno i mezzani e quelli che fra la signoria vostra e me decreteranno la somma che possono importare le mie sconquassate figure„. Condiscesero e Sancio e l’oste, e subito maestro Pietro raccolse da terra il re Marsilio di Saragozza colla testa tutta infranta e disse: — Scorgesi bene quanto sia impossibile di far restituire questo re al suo pristino stato, e mi pare (salvo più retto giudizio) che mi si debbano per la sua morte, distruzione e sepoltura quattro reali e mezzo. — Tirate innanzi, disse don Chisciotte. — Per le aperture di sopra e di sotto, continuò maestro Pietro pigliando in mano lo spaccato imperadore Carlomagno, non mi sembra troppo il domandare cinque reali e un quarto. — Non è poco, disse Sancio. — Nè molto, soggiunse l’oste, e si ristringa la partita a cinque reali. — Diamogli pure tutti cinque i reali e un quarto, disse don Chisciotte, chè non è da badarsi al poco più o poco meno, attesa sì notabile disavventura: ma sbrighiamocene presto, o maestro Pietro, chè si fa ora di cena, ed io mi sento gli stimoli della fame. — Per que-