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96 i marmi - parte prima


pari al mondo (cosí si credono) son pieni di numeri strepitosi, di suoni rochi, di dizioni strane, di vocaboli non usitati, di detti mozzi, motti zoppi e clausule storpiate: adunque mi fanno gran piacere a dire «tradotti in lingua italiana».

Lorenzo. E’ bisogna che confessino questi saggi scrittori e sapienti litterati, la prima cosa, se sono fiorentini o toscani o no. — Non — diranno. — Voi non sapete adunque il suono naturale né avete la dolcezza del numero. — Oh — risponderanno — noi l’abbiamo imparata e studiata e con la sapienza nostra conosciamo qual dice meglio; e sappiamo certo di scriver molte cose noi, che siamo forestieri, meglio che voi che sète fiorentini. — Va di manco a questa posta! — Questa è buona ragione! — soggiungerei io — ma pur che la sia cosí. Donde avete voi avuto questo numero e questo buon suono? Dal Boccaccio, dal Petrarca e da Dante. Chi sono o furon costoro? Fiorentini. Quando voi favellerete, adunque, cicalerete per bocca di costoro, a voler dir bene; non saranno, adunque, quando scriverete bene, le vostre composizioni composte altrimente in lingua italiana, ma in fiorentina: onde, perché la cosa non sta al martello, voi vi ritirate con il dire «italiana»; e fate bene, per non ci caricare di tanti cattivi detti. Io ho quell’Andrea Calmo per un bravo intelletto, ché almanco egli ha scritto mirabilmente nella sua lingua e ha fatto onore a sé e alla patria. Perché s’ha da vergognare uno di favellare natio? è egli ladro per questo? Ruzzante m’è riuscito un Platone: ma, mettiamo che fosse stato un villano proprio, che avesse favellato nella sua lingua (ma egli fu un Tullio); l’avrei lodato similmente di questa professione. Ma chi non vuole o non sa scriver bene nella fiorentina fa bene a scriver bene nella sua, piú tosto che male in quella d’altri. Ma io ho speranza che la cosa s’andrá vagliando a poco a poco, tanto che si scerrá il loglio dal grano. Non bisogna dire: voi altri fiorentini dite «mana, rene» e altre baie da ridersene, perché noi attendiamo alla mercanzia; conciosia che ’l sito magro ci fa correre dietro a questa strada e non ci lascia scartabellare il Boccaccio e gli altri a tutto transito. Ecco che egli è venuto un tempo che ci si studia littere grece e latine;