Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. I, 1928 – BEIC 1814190.djvu/59

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ragionamento quarto 53


tutti due parevan morti. Stando cosí, il Grullone riebbe gli spiriti e favellò in questo modo, perché noi gli dimandammo come egli stava: — Oh che bella cosa è il dormir profondamente! Io sono stato ne’ piú strani viaggi che mai s’udissero dire o si facessero mai; poi mi pareva esser senza corpo, spedito, volare in un batter d’occhio dove io voleva, e tanto quanto m’imaginava aveva. S’io diceva «Io voglio esser sano del tal tempo», come dir di quindici o venti anni, súbito mi pareva d’essere... —

Ridolfo. Avrò caro d’udir questa cosa nuova, perché la si somiglia a un’altra delle mie chimere.

Moschino. Non interrompete, state a udire la cosa che disse il Grullone; il Tribol dirá poi la sua, e voi, che siate stato l’ultimo a venire, direte la vostra ultimamente.

Tribolo. — ... S’io voleva cene, acque fresche, come desiderano gl’infermi, piaceri, tutto mi veniva súbito in pro e utile; ma solamente quelle cose possedeva e godeva che altre volte posseduto e goduto in questa vita aveva, né altro mi poteva imaginare. Quando io mi ritrovai cosí, mi venne in animo di volere il mio corpo, per potere fruire con il corpo unito tutto quello ch’io fruiva con l’anima sola, e, come l’altre cose, fui sodisfatto súbito: onde, ripigliando il corpo, l’ho trovato infermo come voi vedete. Cosí io credo che ’l dormire e il morire sia quasi una cosa medesima; ma chi indugia a imaginarsi o a chiedere il suo corpo, mentre che dorme, tanto che egli infracidi, penso che egli abbi fatto il pane, che non lo possa riavere altrimenti. —

Ridolfo. Questa è una bella invenzione, Tribolo: la scoltura questa volta fa conoscer che la fa assottigliare i cervelli. Or séguita.

Tribolo. Destossi il compagno che dormiva, e, tratto un sospiro, disse: — Ringraziato sia Dio che io son guarito. — Noi che udito avevamo il Grullone, domandammo che cosa diceva. — Oh — rispose egli — io sono stato in un paese, sognando, dove mi fu data una certa erba chiamata l’erba della luna, la quale era in alpestre montagne e nasce a ogni nuova