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240 i marmi


ho notati nel Petrarca. Dal vernacolo mille altre voci qui ritornano schiette anche se stonino a noi e siano parse altrui, che non erano, scorse di penna o di stampa: su che osserverá chi voglia molte ricorrere soltanto nelle parlate messe in bocca a plebei o a senza lettere, talune due volte sole in quella persona. Io, piú in generale, osserverò il Doni a volte a volte contraffare altrui la lingua e lo stile, per gusto d’imitazione quando non per gioia di proprio dileggio. Scorse né di penna né di stampa sono giaccio e ghiaccio in vece di giacchio, una tonda rete da pesca: giaccio non troverai ne’ grandi vocabolari; però, oltre che in questi Marmi, ritroverai e in altre opere del Doni piú tardive sebbene edite lui vivo, e ritroverai nel Davanzati, negli Annali di Tacito, III, 54, a pagina I, 141 della edizione curata da Enrico Bindi il 1852 in Firenze per il Le Monnier, non nella stampa sola sí e nell’autografo stesso; e ghiaccio non è da sospettare proceda per metatesi da giacchio, sí per analogo processo di dissimilazione, ben noto agli storici della lingua, dal medesimo giaccio, dissimilato j-j in d-j, come da jacere djacere, ghiacere, come da diaccio e giaccio e ghiaccio . Altri esempi potrei addurre non pochi; li risparmio tutti e a me e al lettore per maggiore brevitá e minor tedio. Soltanto due parole dovrò dire dei versi e una delle persone. I versi, o siano di cui il Doni li attribuisce o di lui proprio o di chi si siano, assai volte ne vengono avanti male in arnese: i soverchi per troncamento non fatto, i manchevoli per non evitata elisione ho con ovvia facilitá ridotti a loro misura, come altri in un luogo dissestati al loro naturale intreccio di rime; gli sbadiglianti di iati inattesi, i balzellanti d’elisioni ardite, i brancolanti su’ trampoli ho lasciato si stessero con Dio, in buona o mala grazia, secondo loro destino. Che molti per certe note di mal suono e per altro avessero bisogno di raggiustamenti ammoniva per bocca di questo o quell’interlocutore lo stesso Doni; e però non io lo poteva sbugiardare, né poi a lui disconoscere il merito, allora, e forse d’ogni tempo, non piccolo, di non averla pretesa nemmeno un poco a poeta, benché in quelle Stanze de lo Sparpaglia se la sia davvero cavata con bravura. Le persone, chi si fossero, quando nominate col nome solo o col nomignolo non erano tuttavia ignote, con rigida sobrietá, giusta il costume della raccolta, io ho rilevato a piè di pagina; chi piú amasse di saperne, di quelle e delle altre appellate pur col cognome, potrá appagarsene scorrendo le storie, le vite, i trattati, gli epistolari, le commedie con