Pagina:Dopo il divorzio.djvu/114

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— Abbi pazienza, mio caro, abbi pazienza. Abbi pazienza, — disse a Costantino. E la sua voce era calda e sincera.

Il re di picche si credeva uomo superiore, e aveva una grande stima di sè stesso perchè stimava le persone oneste: per tale ragione aveva preso ad amare a modo suo Costantino, conoscendolo tanto buono, dall’anima semplice, fatta d’un metallo così puro che neppure la grande corruzione del penitenziario poteva intaccarla.

Orbene, l’ex-maresciallo si permetteva di leggere le lettere che gli pervenivano per il condannato. Ultimamente gliene era arrivata una, anonima, scritta malissimo, con certi grandi caratteri che sembravano insetti e piccoli mostri. Ma quegli insetti velenosi e quei piccoli mostri incutevano terrore; dicevano che Giovanna, la moglie del condannato, si lasciava corteggiare da Brontu Dejas, e che zia Bachisia voleva fare un viaggio a Nuoro per proporre ad un avvocato la causa di divorzio di sua figlia.

L'ex-maresciallo s’arrabbiò come un cane, e il suo amico Delegato, che lavorava intorno alla sua grande opera, l’udì mugolare gonfiando enormemente le guancie giallognole.

— Essi sono stupidi. Stupidi! Sardi asini! — pensava il re di picche. — Perchè glielo scrivono? Che può far egli se non battere la testa contro il muro?

Non consegnò la lettera, ed ogni volta che vedeva il condannato lo guardava con profonda compassione, felice, per conto suo, di sentirsi così buono.

Il bambino morì tre giorni dopo, e Costantino ne