Pagina:Doyle - Le avventure di Sherlock Holmes.djvu/161

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gendo dall’entrata quel stillicidio si ritiravano tosto. Per quanto Tiburzio esortasse ed incoraggiasse poca gente si persuadeva alla visita e quella poca ne usciva brontolando per essersi bagnata ed entrava ad ammirare la bella galleria di Augusto, ed egli poteva udirne gli elogi e i commenti ammirativi.

E così la sua impresa falliva, senza sua colpa, perchè era accaduto che i suoi scavi traversassero delle sezioni ove il ghiaccio era poroso e l’acqua ne gocciolava. Tiburzio sentiva crescere sempre più il suo odio verso Augusto.

Un giorno, essendo il tempo minaccioso e nessuna probabilità di curiosi, Augusto si accinse ad un’esplorazione a traverso il ghiacciaio: sperava di poter essere nominato guida tra poco e voleva rendersi esatto conto delle sezioni più pericolose dell’immenso campo di ghiaccio.

Non si sapeva veramente se Augusto fosse andato sul ghiacciaio ma egli aveva parlato della sua intenzione in famiglia: e ciò fu tutto quanto si seppe per anni ed anni del povero Augusto Fronier. Ma non anticipiamo gli eventi.



Il dì seguente alla sua esplorazione notturna Tiburzio era al suo posto all’entrata del suo tunnel, Augusto invece mancava al suo. Vennero dei forestieri i quali entrarono e uscirono liberamente dalla galleria: Tiburzio guardava cupamente e taceva, in testa non avea il suo berrettino rosso usuale bensì un cappello nero.

Sull’imbrunire circolò la voce che Augusto era scomparso misteriosamente: suo padre desolato e mezzo storpio errava di qua, di là, chiedendo notizie. Nessuno poteva dargliene: Tiburzio fu interrogato: non sapeva nulla, ed aggiunse dispettosamente che non era affar suo l’occuparsi di Augusto.