Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/112

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Durante i due mesi che mancavano al parto, Nanna fu tenuta in osservazione all'ospitale e guardata a vista.

Nelle prime settimane le suore le furono d'attorno amorevolmente per cercar di blandirla e di ottenere da lei una parola di pentimento, un atto di contrizione e di fede.

Ma la sciancata che dapprincipio accettava le cortesie senza mostrar gratitudine nè contrarietà, chiusa in un'indifferenza fra sdegnosa ed ebete, non appena si avvide dove si andava a parare, oppose una resistenza imprevista e feroce.

Si rifiutava di mangiare, grugniva, rispondeva con spallucciate, guardava le buone Madri sospettosamente. Confessarsi? Comunicarsi?... Come? Gli interrogatorî erano finiti, ed ancora la si voleva tormentare? Con qual diritto? Che la lasciassero vivere o morire in pace.

Le suore per il momento desistettero.

Ella stava là, sulla seggiola presso alla finestra, colla stampella fra le gambe, inerte, sguaiatamente abbandonata su sè stessa, brutta d'una bruttezza repugnante e volgare.

Vecchia non doveva essere, ma i suoi capelli eran già quasi tutti grigi, ispidi, arruffati; la pelle aveva ruvida e untuosa, gli occhi chiari