Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/150

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Le due donne erano impietrite, livide, immobili, come inchiodate al suolo.

Nanna fissava alternativamente sua figlia e la ragazza straniera, ed i suoi occhi erano torbidi e cupi. Innocenza, pallida, colla testa storta, si mordeva le labbra a sangue, e taceva.

A un tratto Pasquetta ricordò di essere stata negli ultimi tempi poco gentile colla sua amica, di aver trascurato di andare a prenderla, di avere cantato a squarciagola per farle rabbia, e, interpretando il silenzio di lei come un memore corruccio, pensò di indurla al perdono con una prova di fiducia.

— Innocenza! — diss'ella toccandole il braccio. — Non sarai mica in collera con me?... Vuoi che ti faccia leggere la lettera di Zeffirino?

Nanna scattò come una biscia cui si pesti la coda. Brutalmente afferrando la ragazza, e scuotendola per il petto, ella la cacciò contro la polverosa siepe che cingeva il cortiletto.

— Vuoi tacere, vuoi tacere, svergognata?... Vuoi levarti dai piedi?... — le gridò sulla faccia con voce rauca e sibilante. Indi tirò a sè con un violento strappo il cancello, lo sbatacchiò sul naso di Pasquetta, e, presa per le spalle la figlia, la spinse dentro, nascondendola, difendendola, coprendola colla sua persona.

Giunta nel mezzo della cucina che era buia, colle imposte tutte chiuse, a tentoni senza lasciarla trovò la seggiolina sua bassa presso alla finestra, la fece sedere, le si accoccolò accanto, le prese le mani, e glie le baciò. E come