Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/163

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Che notte, fu quella per lei!... Col libro di preghiere stretto sul seno gramo, ella ripeteva perdutamente le invocazioni a Gesù, ma vedeva una bocca rossa china su di lei, sentiva un alito caldo sfiorarle l'orecchio.... Aveva freddo, le mani brucianti, e la fronte molle di sudore... Il suo misero corpo ardeva e si consumava, ed ella batteva i denti, e tremava, e si sentiva mancare... come altra volta, in convento, in qualche gelida mattina, quando nella penombra il prete avvicinava alle sue labbra l'Ostia consacrata. Perdutamente ella ripeteva, rabbrividendo: — Sposo celeste, vieni, non tardare, ti supplico... — Quanto lunghe sfilarono le ore primadi giungere ancora alla penombra della sera!...

Ma, giunta la sera, non apparve più alcuno.

Cominciava a far freddo; una banda di saltimbanchi aveva piantato le sue tende nella piazza di Cernedo; avevano due scimmie, un cane ammaestrato, il nano Bagonghi; le belle ragazze e i giovanotti accorrevano in frotta. Si era stufi di far la corte alla gobbetta; se ne aveva riso abbastanza: per il momento lo spettacolo era sostituito.

Ed ella aspettò, aspettò; dapprima fiduciosa e impettita nei suoi ricci, nelle sue gale; poi inquieta, sporgendosi alla finestra, smaniando, rabbrividendo di freddo e d'ansia, aprendo e chiudendo l'impannata, arrivando fino a scender sulla strada, ad attendere accovacciata per terra fino a tarda ora nella notte.

Nessuno, nessuno più!... La strada era deserta;