Pagina:Dumas - Il tulipano nero, 1851.djvu/218

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— Allora, o Rosa, dacchè avete detto diletto, dite pure felice; felice quanto uomo giammai sia stato felice e benedetto sotto il cielo. Non mi manca che una cosa, o Rosa.

— Quale?

— La vostra guancia, o Rosa, la vostra guancia fresca, rosea, vellutata. Oh! ma di vostra volontà non più per sorpresa, non più per caso. Rosa, ah!

Il prigioniero finì la sua preghiera in un sospiro; chè vennero le sue labbra a incontrarsi con quelle della giovinetta non più per caso, non per sorpresa, come cent’anni dopo Saint-Preux doveva incontrare le labbra della sua Giulietta.

Rosa s’involò; e Cornelio restò con l’anima sospesa alle di lei labbra, e col viso fisso alla graticola.

Soffogato dalla gioia e dalla felicità, egli aperse la finestra e contemplò lungamente col cuore pregno di letizia l’azzurro celeste senza nuvole e la luna al di là delle colline versante un torrente d’argentea luce sopra lo specchio dei due fiumi. Rinfrescò i suoi polmoni d’aria pura e balsamica, lo spirito di dolci idee, l’anima di riconoscenza e di religiosa ammirazione.

— Oh! voi siete eternamente lassù, o mio Dio! esclamò genuflesso con gli occhi fitti nel firmamento; — deh! perdonatemi, se mai nei giorni trascorsi io avessi quasi dubitato di voi; ravvolto dentro il vostro manto di nubi, per un istante cessai di vedervi, o Dio buono, Dio eterno, Dio misericordioso! Ma oggi, ma stasera, ma stanotte oh! vi vedo tutto intiero nello specchio dei vostri cieli, e soprattutto nello specchio del mio cuore.