Pagina:Dumas - Il tulipano nero, 1851.djvu/267

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Van Baerle aveva bene formato il progetto di scrivere a Rosa; ma Rosa dov’era?

Aveva bene avuto l’idea di scrivere all’Aya per allontanare dalla sua testa il nuovo oragano, che Grifo senza dubbio stava suscitandogli contro per una denunzia.

Ma con che scrivere? Grifo aveagli tolto apis e carta. D’altronde avesse avuto pure l’uno e l’altra, dicerto non sarebbe stato Grifo che sarebbesi incaricato della sua lettera.

Allora Cornelio andava e riandava nella sua testa tutte quelle povere furberie solite impiegarsi dai prigionieri.

Aveva ancora pensato a una evasione, cosa a cui non aveva pensato, quando vedeva Rosa tutti i giorni. Ma più vi pensava, più una evasione parevagli impossibile. Egli era di quelle nature perfette, che hanno orrore anco dell’apparenza del disonesto; e perciò ogni buona occasione della vita loro manca, sbaglio imperdonabile di non aver preso la via dei volgari, battuta dalla gente di mezza tacca, la quale menali a tutto.

— Come sarebbe possibile, dicevasi Cornelio, che io me ne possa fuggire di Loevestein, donde già se ne fuggì Grozio? dopo questa evasione, non è stato a tutto previsto? Le finestre non sono assicurate? le porte non sono doppie e anco triplicate? I guardioli non sono dieci volte più vigilanti?

«E poi oltre le finestre assicurate, le porte doppie, i guardioli più vigilanti di prima, non ho io un Argo infallibile, un Argo tanto più maligno, che ha gli occhi dell’ira, non ho io Grifo?