Pagina:E supremi apostolatus (edizione Roma 1903).djvu/18

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Cristo, si rammenti bene ognuno, o Venerabili Fratelli, che nulla è più efficace della carità. Imperocchè il Signore non trovasi nella commozione1. Indarno si spera di attirare le anime a Dio con uno zelo amaro: che anzi il rinfacciare duramente gli errori, il riprendere con asprezza i vizi, torna sovente più a danno che ad utilità. Esortava è vero l’Apostolo Timoteo: Accusa, prega, riprendi; ma soggiungeva pure: con ogni pazienza2. — Certo Gesù cotali esempi ci ha lasciato. Venite, così troviamo aver Egli detto, venite a me tutti voi che siete infermi ed oppressi, ed io vi consolerò3. Nè altri intendeva per quegli infermi ed oppressi, se non coloro che sono schiavi del peccato e dell’errore. Quanta invero fu la mansuetudine di quel Maestro divino! quale tenerezza, qual compassione verso ogni fatta di miseri! Ne dipinse stupendamente il cuore Isaia con quelle sue parole: Porrò sopra di lui il mio spirito; non contenderà nè leverà la voce; non ispezzerà la canna già scossa, nè estinguerà il lino che fumiga4. — La quale carità, paziente e benigna5, dovrà protendersi a quelli eziandio che ci sono avversi e ci perseguitano. Siamo maledetti, così S. Paolo di sè protestava, e benediciamo, siamo perseguitati e tolleriamo, siamo bestemmiati

  1. III Reg. xix, 11.
  2. II Tim. iv, 2.
  3. Matth. xi, 28.
  4. Is. xlii, 1 s.
  5. I Cor. xiii, 4.