Pagina:Economisti del Cinque e Seicento, Laterza, 1913.djvu/86

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Saper si dee che, nel fare l’universal tassa di tutte le monete, in tutte le tariffe che si faranno, si dovrá solamente valutare la quantitá del fino che si troverá essere nelle monete ed in ciascuna di esse, in ragion però di lire 6 imperiali l’oncia, dipendente dalla detta libra di Bologna, eccettuati sempre i rotti, quali, coni’ ho detto, essendo minori d’un quattrino per ciascuna moneta, non si dovranno in alcun modo nominare nella tassa; salvo però li quattrini, i quali dovranno esser posti in tassa per denaro i 1/2 l’uno, accioché si possano usare nello spendere, cioè per mezo quattrino l’uno, insieme con i mezi quattrini che di nuovo si faranno. Si troveran bene alcune sorti di monete fatte sotto leghe rotte, nelle quali non interveniranno rotti alcuni nel tassarle; e ciò sará perché la quantitá del fino, che accidentalmente si troverá esser a giusto peso in esse, sará corrispondente sotto il valore di lire 6 imperiali l’oncia, come qui sotto con essempio si mostra. Ma nella maggior parte delle altre v’interveniranno rotti o di poco o di qualche momento; e ciò per essere state, con diversitá d’ordini, di tempo in tempo fatte. E cosi, a similitudine del detto essempio o tavola, si potrá fare la tassa ad ogni e qualunque sorte di monete, le quali resteranno poi per sempre nelli loro reali dati valori, quando però saranno fatti osservare, da chi spetta, gli ordini nel Discorso annotati.

Ora manifestamente si conosce che, se non saranno tassate, over non si regoleranno tutte le monete in una volta sola e con un istess’ ordine in generale, cioè che il valore di esse sia dichiarato ed in aperto dimostrato per la rata solamente del puro e del fino, che in esse ed in ciascuna di loro si troverá essere e non altrimenti, egli è cosa impossibile che siano osservati bandi alcuni particolari fatti sopra il fatto delle monete, mentre però che stiano fermi gli ordini diversamente usati da una cittá all’altra e da una provincia all’altra nel far danari. Percioché, dopo fatto il bando, non si può con effetto vietare ch’essi preciosi metalli, tanto non coniati quanto in monete ridotti, non siano poi trasportati da un luogo ad un altro, ed in particolare ove si trovino essere piú alterati di prezzi e valori;