Pagina:Elogio della pazzia.djvu/113

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cui parla Luciano, avesse potuto passare il resto de’suoi giorni in quel bellissimo sogno che faceva mentre lo hanno svegliato, qual migliore felicità avrebb’egli potuto augurarsi? Non passa dunque alcuna differenza tra i savi ed i pazzi, se pure non sono più felici i secondi. Sì, questi lo sono senz’altro per due titoli, uno, perchè la felicità de’ pazzi non costa niente, basta a formarla un poco di persuasioncella; l’altro, perchè i miei pazzi sono felici insieme con molti altri: imperocché egli è impossibile di gustare un bene, quando si goda solo. I savi poi sono in numero così scarso, che non meritano nemmeno la pena di parlarne, e bramerei anche di sapere s’egli è possibile di rinvenirne qualcuno? Nel corso di tanti secoli la Grecia si vanta d’aver prodotti solo sette sapienti: gran prodigio invero! Il genere umano, se si vuole, è molto debitore a questa felicità della Grecia! Ve ne sono stati dunque sette? Prestate però il cielo che non vi venga il prurito di notomizzarli con accuratezza; altrimenti (vi giuro per Ercole, e ci scommetto la testa) non trovate ceriameute una metà di filosofo, e forse neppure un terzo.

Voglio ancora lodarmi per un altro verso. Fra i molti vanti che i poeti sogliono dare a Bacco, quello che si tiene, ed è veramente il primo, si è ch’egli sgombra e dilegua dall’animo de’ mortali le cure, le inquietudini e la tristezza, ree figlie della ragione; ma per breve tempo, giacché dopo poche ore di sonno ritornano esse prontissime a tormentarci, e