Pagina:Elogio della pazzia.djvu/65

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monie che si fanno per collocare nel numero degli Dei anche i più scellerati tiranni. Non v’è cosa più stolta di questa; e chi mai lo nega? Anzi un sol Democrito non basterebbe a riderne sufficentemente. Ma non è forse egualmente vero, che la Pazzia è stata la sorgente di tutte quelle famose imprese de’ prodi eroi, che tanti eloquenti letterati innalzarono fino alle stelle? Questa Pazzia è quella che forma le città; per essa sussistono i governi, la religione, i consigli, i tribunali, e non ho dubbio d’asserire, che la vita umana non è altro che una specie di giuoco della Pazzia. Ma passiamo omai a parlar delle arti. Chi mai spinse gli uomini a inventare, a tramandare ai loro posteri tante opere, per quanto credesi, eccellenti, se non la sete della gloria? Credettero questi uomini veramente stoltissimi di non dover risparmiare nè veglie, nè sudori, nè sforzi di fatica per procacciarsi una certa non so quale immortalità, che in ultima analisi non è che una bellissima chimera. Voi pertanto siete debitori alla Pazzia di tanti comodi, che già si sono introdotti nel mondo, e dovete all’altrui stoltezza tutti que’ beni, che voi godete, e che non poco contribuiscono alla felicità della vita.

Or bene; che direte voi, o signori, se dopo avervi provato, che mi si devono le lodi che all’umana fortezza ed industria s’attribuiscono, verrò provandovi che a me appartengono ancora quelle, che la prudenza riscuote? Oh questa sì che veramente è bella! mi risponderà forse taluno. Voi volete combinare il fuoco coll’acqua, imperciocchè la pazzia e la prudenza non sono meno in opposizione che questi due contrari elementi. Nulladuneno confido di riuscirvi, purchè continoviate a prestarmi la cortese vostra attenzione.