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42 Eminescu


215Accanto al lago che in tremolio lene ondeggia,
una gran mensa è imbandita da mille fiaccole illuminata,

poiché Re e Regine dai quattro cardini del mondo
son venuti a ornar le nozze della sposa gentile,

con reucci dalle chiome d’oro, draghi dalle scaglie d’acciaio,
220indovini che leggon nelle stelle ed il giocondo Pépele.

Nel gran trono sprofondato, ecco il Re, il vecchio suocero
colla, barba pettinata e sul capo la corona.

Sui molli cuscini rigido siede ed ha lo scettro in mano
e con frasche i paggi lo difendono dal caldo e dai tafani.

225Ora ecco che dal bosco esce anche Calin, lo sposo,
nella sua mano tenendo la mano della sposa;

secco fruscia sulle foglie lo strascico della bianca veste,
rosso qual mela ha il viso, gli occhi vividi di gioia,

fino a terra le giunge la chioma di molle oro,
230che sulle braccia e i nudi omeri le si riversa.

Tale svelta procede e il bel corpo le ondeggia,
fiori azzurri ha nei capelli, e sulla fronte una stella.

Prega il suocero che a capo tavola voglian ora prender posto
il padrino: (il sole fulgido) e la madrina: (la bianca luna),

235poi seggon tutti a tavola secondo gli anni e la dignità;
lene suonano i violini e la cobza tien bordone.

Ma qual rumor mai s’ode? Qual ronzio quasi d’api?
Tutti guardano stupiti e non san donde provenga,

finché veggono un ragnatelo fra due tronchi come un ponte,
240su cui passa con rumore una gran calca di popolo.

Passan formiche portando in bocca grandi sacchi di farina
per farne ciambelle e schiacciate da regalare agli sposi,

e le api portan miele, portan polver d’oro fino
perchè il tarlo, esperto orefice, possa farne orecchini.

245Ecco appar tutto il corteo: battistrada è un verde grillo
cui davanti saltan pulci in zoccoletti d’acciaio.