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Pagina:Eminescu - Poesie, 1927.djvu/164

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86 Eminescu


Ahimè, tu pensi ancora agli anni, quando a scuola pensavamo
ad ascoltare i vecchi maestri, che rammendavan la zimarra del tempo,

45intenti a raccogliere dai volumi i cadaveri degl’istanti,
e a cercar la saggezza nei cenci delle cose?

Con un suo blando susurro, un ruscello di horum harum
addormendoci nella noia nervum rerum gerendarum,

con molta solennità facevaci andar l’altalena della mente,
50dondolandovi ora un pianeta, ora un re egiziano.

Mi par (nel dormiveglia!) di vederlo, l’astronomo
che con gran facilità, quasi li tirasse di tasca, faceva venir fuori i mondi dal Caos,

e la nera eternità ci stendeva davanti, insegnandoci
a infilzar l’epoche geologiche come nel refe i coralli.

55Allora in capo a noi il mondo girava come una giostra,
e, come Galilei, anche noi eravam convinti che «l’affare» si muove.

Storditi dalle lingue morte, dai pianeti, dalla polvere della scuola,
confondevamo il povero maestro con un cranio roso dalle tignole,

e, guardando i ragliateli pender dalle travi del soffitto,
60ascoltavamo il re Ramsete e pensavamo.... ad occhi azzurri....

e in margine ai quaderni scrivevam versi romantici
per esempio ad una rosea e inesorata Clotilde.

Mi danzavan davanti in un miscuglio strano di epoche
ora un sole, ora un re, ora altro simile animale domestico.

65Lo scricchiolio delle penne dava attrattiva a quella calma,
vedevo verdi onde di grano, campi di lino in fiore....

Il capo cadeva pesante sul banco; pareva che l’ora non finisse più....
Quando sonava la campanella.... sapevamo che Ramsete doveva esser già morto.