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92 Eminescu


125Ti lodi d’aver vinto gli eserciti dell’Occidente?
Ma per che idea combatteva, che voleva questo Occidente?

La corona di lauro dalla tua fronte svellere
i suoi cavalier volevano pel trionfo della Croce.

Io invece difendo la mia povertà, i miei bisogni, il mio popolo
130e perciò tutto quanto su questo suolo vive: l’uomo, il fiume, il ramo

a me solo è amico, e a te crudo avversario;
a da ogni cosa combattuto sarai senza neppur saperlo.

Eserciti non abbiamo, ma l’amor di patria è un muro
che della tua fama non teme, potente Baiazìd!


135Parte il vecchio appena, che di un lungo fremer d’armi
e di suono di buccine il gran bosco risuona

e dal suo verde lembo migliaia di teste capellute
migliaia d’elmi fulgidi escon dall’ombra oscura.

Cavalieri empiono il piano e formicolano a un cenno,
140i lor selvatici cavalli battendo colle staffe di legno;

fugge sotto il galoppo dei lor zoccoli la terra nera,
lance splendon lunghe al sole, archi al vento si tendono,

e, qual nembi di rame, qual raffica di grandine,
fitte le freccie cadono oscurando l’orizzonte,

145sibilando come il vento, come pioggia crepitando....
la pianura tutta suona di fieri urli di battaglia.

Invano rugge il Sultano qual leone infuriato:
l’ombra della morte sempre più vasta si stende!

Invano il verde stendardo chiama i figli del Profeta,
150poi che oramai tutta l’oste vede la sua rovina,

poi che decimate oscillano, cedendo, lunghe schiere,
e a squadroni cadon gli Arabi dispersi nel piano,

in ginocchio i fanti cadono, si rovesciano i cavalli,
nembi di frecce cadon tempestose sibilando,