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Poesie 117


LXIX.

ODE IN METRO ANTICO.


Non avrei creduto mai d’imparare a morire:
eternamente giovine, avvolto nel mio mantello,
gli occhi sognanti fiducioso alzavo alla stella
                                                   della solitudine.

5Quand’ecco che tu apparisti sulla mia strada,
tu, o Sofferenza, dolorosamente dolce....
e tutta io bevvi la voluttà della morte
                                                   inesorata!

Miseramente ardo nei tormenti di Nesso
10o, come Ercole, avvelenato dalla camicia fatale,
nè il mio fuoco spegner posson tutte
                                                   l' acque del mare.

Consumato dal mio stesso sogno mi lamento,
e sul mio stesso rogo svanisco tra le fiamme....
15potrò da esse risorger lieto come
                                                   l' uccel Fenice?

Via dalla mia strada, voi, occhi ammaliatori!
Tornami nell’animo, triste indifferenza,
fa’ di ridare, perch’io muoia in pace,
                                                   20me a me stesso!

LXX.

AI MIEI CRITICI.


Molti fiori son, ma pochi
danno all’uomo i lor frutti;
tutti battono alle porte della vita,
ma quanti cadono avvizziti!