Pagina:Emma Perodi - Roma italiana, 1870-1895.djvu/255

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suburbio, cioè alle porte Pia, Salara, San Giovanni, San Lorenzo, San Sebastiano, San Paolo, Cuvalleggeri, Angelica e Maggiore; alcune rurali all’Isola Farnese, a Conca, a San Vittorino, a Castel Porziano, a Castel de Guidi, a Fiumicino, a Torrempietra, a Palo, a Maccarese e a Prima Porta; aveva comprato dallo Spithöver la vigna sulla via Venti Settembre per allargare la strada davanti al ministero delle Finanze, aveva concluso un contratto col principe Torlonia per l’allargamento di via delle Convertite, e aveva decretato la sala per l’esposizione dei cadaveri, non dov’è adesso, ma dietro al Colosseo, e aveva estesa nel quartiere dei Prati l’illuminazione a gas.

Il Governo dal canto suo aveva inaugurato il Museo Agrario nel palazzo delle Finanze, aspettando che fossero pronti i locali nel convento di M. della Vittoria, sulla via Santa Susanna, museo ricco di collezioni forestali, che il ministero d’Agricoltura, per cura del comm. Miraglia e del cav. Siemoni aveva già esposto a Vienna, dove gli avevano procurato la onorificenza maggiore. Inoltre dopo la morte del padre Secchi aveva preso possesso dell’Osservatorio del Collegio Romano, che affidò al professor Tacchini. Quell’Osservatorio era rimasto sotto la direzione del padre Ferrari, erede della proprietà privata del padre Secchi, e non volle cederlo al Governo con le buone. Egli dovette esser cacciato dalle guardie.

Del monumento a Vittorio Emanuele e della costruzione del palazzo di Giustizia, occupavasi pure il Governo. Per il primo aveva nominato una commissione di cui era presidente il senatore Giorgini e segretario l’on. Martini. La commissione voleva che il monumento sorgesse all’Esedra di Termini e consistesse in un grande arco trionfale. Compilò un progetto e il Depretis lo presentò alla Camera; del secondo si occuparono tutti i ministri di Grazia e Giustizia riconoscendo gl’incovenienti che nascevano dall’essere i tribunali distribuiti nella città.

Le elezioni amministrative anche quell’anno riuscirono favorevoli ai clericali; la disunione fra i giornali di destra e di sinistra faceva trionfar sempre i candidati del partito opposto.

Prima che il Re lasciasse Roma per Monza, venne qua il principe Alessandro di Battemberg, che si recava in Bulgaria a prender possesso del suo nuovo Stato. Al Quirinale fu ricevuto cordialmente, ma l’ambasciata russa e quella germanica ebbero per lui singolari attenzioni. Abitava al palazzo Caffarelli come principe tedesco, ed il barone d’Uxküll gli dette un banchetto di gala. Era bello, alto, simpaticissimo, e in Roma desto grandi simpatie.

A Roma nell’estate vi fu un risveglio di vita letteraria. Ferdinando Martini, che si era già fatto un nome come autore drammatico e come scrittore arguto e brillante, fondò il Fanfulla della Domenica il cui primo numero si pubblicò il 27 agosto. Il Martini aveva trovato un editore dalle larghe vedute, il comm. Oblieght, che già possedeva il Fanfulla, la Libertà, il Bersagliere e altri giornali a Roma e nel resto d’Italia. I primi numeri fecero furore, e in breve il nuovo giornale divenne la lettura preferita di tutte le persone colte, e acquistò una grande autorità mercè il valore degli scrittori e l’intelligenza del direttore. Le Chiacchiere della Domenica, che vi stampava settimanalmente il Martini, erano gioielli di spigliatezza e di eleganza di forma. Il giornale faceva volentieri la polemica, rivedeva le bucce agli autori dei libri, che venivano fuori mano a mano, e aveva la furberia di non esser punto accademico. Trattava tutte le quistioni, meno quelle politiche, e in tutte portava una parola assennata. Accrebbe la sua diffusione il processo Fadda, che si dibatté alle Assise di Roma, ed ecco come. Sul banco degli accusati erano la moglie dell’infelice capitano ucciso dal Cardinali e un’altra donna, la Carrozza, imputata di essere stata la mediatrice fra la moglie e l’assassino. Una malsana curiosità spingeva nell’aula dell’Assise le donne di Roma per assistere al processo scandaloso e vederne gli attori, come le avrebbe spinte al teatro. Il Carducci