Pagina:Eneide (Caro).djvu/147

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106 l’eneide. [45-69]

45Orribile a veder, stupendo a dire,
M’apparve un mostro: chè divelto il primo
Da le prime radici, uscîr di sangue
Luride gocce, e ne fu ’l suolo asperso.
Ghiado mi strinse il core; orror mi scosse
50Le membra tutte; e di paura il sangue
Mi si rapprese. Io le cagioni ascose
Di ciò cercando, un altro ne divelsi:
Ed altro sangue uscinne: onde confuso
Vie più rimasi, e nel mio cor diversi
55Pensier volgendo, or de l’agresti ninfe,
Or del scitico Marte i santi numi
Adorando, porgea preghiere umíli,
Che di sì fiera e portentosa vista
Mi si togliesse, o si temprasse almeno
60Il diro annunzio. Ritentando ancora,
Vengo al terzo virgulto, e con più forza
Mentre lo scerpo, e i piedi al suolo appunto,
E lo scuoto e lo sbarbo (il dico o ’l taccio?)
Un sospiroso e lagrimabil suono
65Da l’imo poggio odo che grida, e dice:
     Ahi! perchè sì mi laceri e mi scempi?
Perchè, di così pio, così spietato,
Enea, vèr me ti mostri? A che molesti
Un ch’è morto e sepolto? A che contamini


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