Pagina:Eneide (Caro).djvu/159

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118 l’eneide. [345-369]

345Tre Soli interi senza luce errammo,
Tre notti senza stelle. Il quarto giorno
Vedemmo alfin, quasi dal mar risorta,
La terra aprirne i monti e gittar fumo.
Caggion le vele; e i remiganti a pruova,
350Di bianche schiume il gran ceruleo golfo
Segnando, inverso i liti i legni affrettano.
Nè prima fui di sì gran rischio uscito,
Che giunto ne le Strofadi mi vidi.
Strofadi grecamente nominate
355Son certe isole in mezzo al grande Ionio,
Da la fera Celeno e da quell’altre
Rapaci e lorde sue compagne arpie
Fin d’allora abitate, che per téma
Lasciâr le prime mense, e di Finèo
360Fu lor chiuso l’albergo. Altro di queste
Più sozzo mostro, altra più dira peste
Da le tartaree grotte unqua non venne.
Sembran vergini a’ volti, uccelli e cagne
A l’altre membra: hanno di ventre un fedo
365Profluvio, ond’è la piuma intrisa ed irta;
Le man d’artigli armate, il collo smunto,
La faccia per la fame e per la rabbia
Pallida sempre, e raggrinzata e magra.
     Tosto che qui sospinti in porto entrammo,


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