Pagina:Eneide (Caro).djvu/278

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[1022-1044] libro v. 235

1070E ciò che ’l foco avea corroso ed arso.
     Enea de la città le mura intanto
Insolca, e i lochi assegna; e parte Troia,
E parte Ilio ne chiama, e re n’appella
Il buon troiano Aceste. Ei lieto il carco
1075Ne prende; indìce il fòro, elegge i padri,
Ode, giudica e manda. Allora in cima
De l’ericinio giogo il gran delubro
Surse a Venere Idalia: e i sacerdoti
Gli si addissero in prima. Allor s’aggiunse
1080Al tumulo d’Anchise il sacro bosco.
     Avea già nove dì fatti solenni
Sacrifici e conviti; e ’l mare e i venti
Eran placidi e queti. Austro sovente
Spirando, in alto i lor legni invitava,
1085Quando un pianto dirotto per lo lito
Levossi, un condolersi, un abbracciarsi
Che tutto il dì durò, tutta la notte.
Le meschinelle donne, e quegli stessi,
Cui dianzi spaventosa era la faccia
1090E ’l nome intollerabile del mare,
Voglion di nuovo ogni marin disagio
Soffrire, e de l’essiglio ogni fatica.
Ma li racqueta e li consola Enea
Con dolci modi, e lagrimando alfine


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