Pagina:Eneide (Caro).djvu/50

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[183-207] libro i. 9

Con le genti di Licia, avanti agli occhi
Di lui perì. Venne da Bora un’onda,
185Anzi un mar, che da poppa in guisa urtolla,
Che ’l temon fuori e ’l temonier ne spinse;
E lei girò sì che ’l suo giro stesso
Le si fe sotto e vortice e vorago,
Da cui rapita, vacillante e china,
190Quasi stanco palèo, tre volte volta,
Calossi gorgogliando, e s’affondò.
     Già per l’ondoso mar disperse e rare
Le navi e i naviganti si vedevano;
Già per tutto di Troia, a l’onde in preda,
195Arme, tavole, arnesi a nuoto andavano;
Già quel ch’era più valido e più forte
Legno d’Ilïonèo, già quel d’Acate
E quel d’Abante e quel del vecchio Alete,
Ed alfin tutti sconquassati, a l’onde
200Micidïali aveano i fianchi aperti;
Quando, a tanto rumor, da l’antro uscito
Il gran Nettuno, e visto del suo regno
Rimescolarsi i più riposti fondi:
Oh, disse irato, ond’è questa importuna
205Tempesta? E grazïoso il capo fuori
Trasse de l’onde; e rimirando intorno,
Per lo mar tutto dissipati e laceri


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