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i problemi della logica 121

assegnargli un significato rigoroso, poichè non si potrebbe limitare le radiazioni di un corpo ad una regione dello spazio accessibile all’esperienza.


Se si riconoscono ad ogni modo le ultime conclusioni come evidenti, il carattere a priori del principio della materia non può più essere sostenuto se non da chi scorga in esso una semplice condizione definitrice della quantità di materia; ed in questo senso il principio serberà ancora un valore sintetico a priori, ove venga preso come la supposizione che esista un oggetto, soddisfacente rigorosamente al requisito d’invarianza postulato.

Ma appunto codesta supposizione trascendentale si rivela priva di significato, per le ragioni tante volte ripetute; a che cosa si riduce dunque una condizione definitrice, cui non corrisponde alcun oggetto fisicamente possibile?

Di siffatto modo di considerare le cose resta questo, che: nel momento in cui l’esperienza sembri infirmare l’esattezza del principio, il resultato già acquisito come conoscenza parziale diventa il punto di partenza di nuove ipotesi correttrici, tendenti a cogliere una invariabilità più rigorosa. E codesto tentativo si effettua cercando di conservare formalmente l’espressione del rapporto, palesatosi inesatto, in accordo a quel principio di permanenza formale, dove Peano ravvisa una economia delle espressioni scientifiche.

Sotto questo aspetto soltanto ci sembra giusta la veduta di H. Poincarè che considera certi principii come pure convenzioni. Mentre il vero valore conoscitivo ed euristico dei principii stessi risiede per noi in quel variabile contenuto di supposizioni reali, che tendono a fissarne il significato fisico, determinandosi ad ogni momento della elaborazione scientifica.

Pertanto nella idea generale della sostanza incontriamo soltanto quella fiducia generica che ci spinge a complicare un rapporto poco variabile, con qualche elemento attinente alla variazione, ricercando qualcosa di più fisso.


La stessa conclusione emerge chiaramente dall’esame del principio della conservazione dell’energia.

Mayer ha scoperto che vi è un equivalente dinamico del calore, sicchè si è condotti a ritenere costante, per ogni sistema isolato, la somma dell’energia cinetica e di posizione colla quantità di calore.

Ma la legge così espressa non si verifica ove intervengano fenomeni di altra natura; elettrici, magnetici, fotici, ecc. Siamo quindi indotti a modificarla, ricercando in questi fenomeni un qualche elemento che, nelle trasformazioni termiche o dinamiche, abbia un rappresentante quantitativo invariabile. Il principio dell’energetica adempie così in una seconda fase del suo sviluppo un ufficio paragonabile a quello di una condizione definitrice. Ma esso acquista effettivamente un senso soltanto in una terza fase, quando sia fissato che cosa