Pagina:Erodiano - Istoria dell'Imperio dopo Marco, De Romanis, 1821.djvu/255

Da Wikisource.

istoria libro vii. 251


giosamente difendevano le trincee. Gallicano, il quale aveva già fatto prova di tanta temerità, non restò di esercitare una guerra civile a tutti perniciosissima; perchè comandò che si aprissero a forza le pubbliche armerìe, nelle quali eran riposte armadure più da pompa che da guerra, e di quelle fece armare chiunque volle. Entrò similmente nelle scuole de’ gladiatori, e se gli trasse appresso armati al loro modo: e riunite per ultimo tutte quelle spade, scuri, ed altri qualsifossero istrumenti che rinvenne e per le case e per le botteghe atte a servire in quella furia a uso d’armi, ed armatane la plebe, la restrinse tutta in un corpo, e con lei, come avesse ad espugnare una città, corse ad assediare i quartieri. I soldati che ben s’intendeano del combattere, tenendosi dietro alle trincee, e co’ scudi coprendosi, con continue scariche di dardi ed a colpi di lunghissime alabarde respigneano la moltitudine. All’ultimo, essendo già il popolo stanco e i gladiatori la maggior parte feriti, e sopravvenendo la notte, si risolvettero di ritornarsene in città. Accortisi i soldati che se ne andavano senza ombra di timore ( non si pensando i romani che sì pochi avrebbero ardito di sortire contro sì gran numero di gente) spalancano le porte, ed escono da tutte le bande addosso a quella turba. Quivi uccisi furono ad un per