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della fiumana, prese terra, e scorrendo in furia i villaggi, ogni cosa predava: e dopo che gli ebbe arsi e distrutti, tutt’ora innanzi procedendo, trasse alla regia città di Ctesifonte ove dimorava il gran re Artabano. Quivi, trovati quei barbari spensierati, tagliava a pezzi quanti da prima facevano resistenza, e desolata la città, i fanciulli e le femmine in servitù trascinava. Solo il re ne scampò con alquanti cavalli, ma i tesori, arredi, ed altre ricche suppellettili furono preda del vincitore, il quale più alla fortuna che a se stesso dovette sì bella vittoria. Avuti questi prosperi successi mandò Severo al senato e popolo romano lettere, nelle quali parlava con magnificenza di se, unendovi pitture in tavole ov’erano istoriate le sue battaglie e le vittorie. Il senato gli decretò quanti onori poté maggiori, denominandolo de’ nomi delle debellate nazioni.

Finita in tal guisa la guerra di oriente, se ne tornò a Roma Severo co’ suoi figliuoli già grandi, e terminato il suo viaggio, e le provincie a suo modo ordinate, e fatta la rassegna degli eserciti di Mesia e d’Ungheria, entrò entro la città in trionfo tra gli evviva e le adorazioni del popolo. Egli dal suo lato lo compensò con festività, con sagrifizj, e con molti altri celebratissimi spettacoli: e, dopo averlo magnificentissima-