Pagina:Erodiano - Istoria dell'Imperio dopo Marco, De Romanis, 1821.djvu/269

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istoria libro viii. 265


re: e gli aquilejesi all’incontro, chiusi i tempj e le case, e assistiti dalle mogli e da’ figliuoli, dinsii le torri e i bastioni virilmente la difendeano, non vi essendo nessuno che per età o debolezza si ricusasse combattere per la patria. Massimino, avendo atterrati tutti i sobborghi e quanti edificj erano fuori della città, ne adoperava la materia ed il legname alla costruzione di macchine, capaci di far tal breccia da introdurvi i suoi soldati, e così mandare a sacco e disfare la città; non gli parendo poter proseguire onorevolmente il suo viaggio per Roma, se non distruggeva interamente una città che prima in Italia gli avea resistito. Per la qual cosa esso in persona e accompagnato dal figliuolo che avea fatto cesare, scorreano a cavallo in mezzo le file de’ soldati, e con infinite promesse e preghiere gli scongiuravano a combattere gagliardamente. Ma gli aquilejesi facean cadere una tempesta di sassi, e tenendo certi vasi a lunghi manichi con entro un misto di bitume e di pece, attendeano che il nemico si appressasse: e, quando era ben sotto, versavano sopra di loro quell’ardente materia, che parea fuoco che da cielo piovesse. La quale giù per le nude parti del corpo spaziandosi, arroventiva le corazze di ferro, e ardendo i cuojami, i legni, e le armi, obbli gava i soldati a torsele senza indugio di dosso, e