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e si tenessero non più per inimici ma in conto di amici. I generali però non lo permisero, e d’insù le mura mostrando le immagini di Massimo, Balbino, e Gordiano imperadori, incoronate tutte di alloro, e con lieti evviva festeggiandole, confortavano l’esercito a fare il medesimo, e a riconoscere quelli che stati erano eletti dal senato e popolo romano, non essendo più tra loro, ma in cielo e cogl’iddii il vecchio Gordiano. Intanto le mure, come in un mercato, si empivano di pane, di vino, e di ogni spezie di commestibili, ed eziandio di vesti e di scarpe, e di tutte quelle cose, delle quali abbonda una città florida e doviziosa. Questo sbigottì maggiormente l’esercito, pensando che sovrabbondassero a sostenere un assedio anche più lungo, e prima dover essi già languenti perir dalla fame, che venir a capo d’impadronirsi di una città che di ogni bene avea copia. Così fermo si stava l’esercito appiè delle mura , prendendo ciascuno di quello che avea bisogno, e insieme famigliarissimamente ragionando: ed essendo tutto in pace ed in calma, la si parea pure un’apparenza di assedio con quell’esercito schierato intorno le mura.

Mentre che così passavano le cose in Aquileja, que’ soldati di cavalleria che portavano in Roma il capo di Massimino, venivano di gran