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188 ESPERIEN. INT. AGL’INSETTI

Ma se non ho potuto scorgere, come poco dianzi scrissi, che dall’albero del moro sieno generati i bachi da seta, tanto meno spero di vedergli nascere dalle carni putrefatte d’un giovenco pasciuto per venti giorni con foglie di moro. Girolamo Vida, poeta nobilissimo, cantò gentilmente questa favola ad imitazione di Virgilio:

Quod si spes generis defecerit omnis ubique
Seminaque aruerint Iovis implacabilis ira,
Sicut apes teneri reparantur caede iuvenci.
Hic superaccedit tantum labor: ante iuvencus
Bisdenosque dies bisdenasque ordine noctes
Graminis arcendus pastu, prohibendus ab undis.
Interea in stabulis tantum illi pinguia mori
Sufficiunt folia, & lactenti cortice ramus.
Viscera ubi caesi fuerint liquefacta, videbis
Bombycem fractis condensum erumpere costis
Atque globos toto tinearum effervere tergo,
Et veluti putres passim concrescere fungos.

Il che fu sentito per vero da due grandi e giustamente celebrati filosofi del nostro secolo, cioè da Pietro Gassendo e dal padre Onorato Fabri, e, prima di loro, da Ulisse Aldrovando. Io non so che dirmi; l’esperienza non l’ho fatta, nè mi sento voglia di farla: so bene, che dalle carni d’un capretto, pasciuto venti giorni di sole foglie di moro, non nacquero altro, che